I colori della vita Avevo sedici anni quando lo scoprii. L'anno era il 1968. Mio padre ed io eravamo in cucina, lui nel suo solito punto di conversazione vicino alla porta della dispensa, io sedicenne su una sedia vicino alla finestra. Noi due stavamo ricordando il periodo in cui, da bambina, imparavo a scrivere le lettere dell'alfabeto. Ci siamo ricordati che, sotto la sua guida, avevo imparato a scrivere molto velocemente tutte le lettere tranne la lettera 'R'." Finché un giorno," dissi a mio padre, "mi resi conto che per fare una 'R' tutto quello che dovevo fare era prima scrivere una 'P' e poi tracciare una linea dal suo ciclo. E sono rimasto così sorpreso che ho potuto trasformare una lettera gialla in una lettera arancione semplicemente aggiungendo una linea." "Lettera gialla? Arancione Lettera?" disse mio padre. "Cosa intendi?" "Beh, lo sai", dissi. "'P' è una lettera gialla, ma 'R' è una lettera arancione. Sai, i colori delle lettere." "I colori delle lettere?" disse mio padre. Non era mai venuto fuori in nessuna conversazione prima. Non avevo mai pensato di dirlo a nessuno. Per quanto potessi ricordare, ogni lettera dell'alfabeto aveva un colore diverso. Anche ogni parola aveva un colore diverso (generalmente lo stesso colore della prima lettera) e così anche ogni numero. I colori delle lettere, delle parole e dei numeri erano una parte intrinseca di essi quanto le loro forme e, come le forme, i colori non cambiavano mai. Apparivano automaticamente ogni volta che vedevo o pensavo a lettere o parole e non potevo alterarle. Avevo dato per scontato che il mondo intero condividesse con me queste percezioni, quindi la reazione perplessa di mio padre fu del tutto inaspettata. Dal mio punto di vista, mi sentivo come se avessi fatto un'affermazione banale come "le mele sono rosse" e "le foglie sono verdi" e avessi suscitato una risposta completamente sconcertata. Allora non sapevo che vedere cose come le P gialle e le R arancioni, o le B verdi, i 5 viola, i lunedì marroni e i giovedì turchesi era unico per una persona su duemila come me che era ospite di un bizzarro fenomeno neurologico chiamato sinestesia. . Più tardi nella mia vita, avrei letto di neuroscienziati del NIH e dell'Università di Yale che lavoravano per comprendere il fenomeno.
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